Esperienze a confronto: SILVIO CATTARINA Fondatore della Comunità L’Imprevisto di Pesaro e DON CLAUDIO BURGIO Fondatore della Comunità Kayros di Milano

Quello sguardo umano che fa ripartire la vita.

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GLI STUDENTI DEL LICEO “G. LEOPARDI” DI LECCO INCONTRANO SILVIO CATTARINA E LA COMUNITA’ L’IMPREVISTO DI PESARO

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IN PRIMO PIANO

SAN PATRIGNANO/ Netflix e quel nuovo paganesimo che odia perdono e cambiamento Tutti sono cattivi, non esiste il bene: è il messaggio che arriva dal filmato dedicato a San Patrignano Dunque non è possibile volersi bene, non si può, non … Continua a leggere

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Natale più difficile, da Molino Silla un messaggio di vita e di speranza.

La Valle risplenderà con le suggestive luminarie allestite dai ragazzi della Comunità Incontro Onlus. Quest’anno, nel rispetto delle disposizioni, la condivisione dello spettacolo di luci sarà esclusivamente attraverso i “social”. A porte chiuse, anche il tradizionale evento di “fine programma” … Continua a leggere

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26 GIUGNO 2020– GIORNATA MONDIALE CONTRO ABUSO E TRAFFICO DI DROGA

Il  26 giugno si  celebra la giornata internazionale contro l’abuso e il traffico illecito di droga (Risoluzione 42/112 del 1987 dell’Assemblea Generale dell’  ONU   Sempre costante l’azione della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga di coordinamento e supporto operativo alle attività delle Forze di Polizia, impegnate nella … Continua a leggere

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Arresto immediato per spaccio, Comunità Incontro “Serve svolta culturale”

Comunità Incontro Onlus di Amelia plaude alla stretta in tema di lotta allo spaccio delle sostanze stupefacenti avviata dal Ministro dell’Interno Luciana Lamorgese

“Serve svolta culturale”

Comunità Incontro Onlus di Amelia plaude alla stretta in tema di lotta allo spaccio delle sostanze stupefacenti avviata dal Ministro dell’Interno Luciana LamorgeseRedazione 


Arresto immediato per spaccio, Comunità Incontro “Serve svolta culturale”

“Prevenzione, non solo repressione!”. La Comunità Incontro Onlus di Amelia plaude alla stretta in tema di lotta allo spaccio delle sostanze stupefacenti avviata dal Ministro dell’Interno Luciana Lamorgese.

Il ministro intende infatti individuare una norma per superare l’attuale disposizione dell’art. 73 comma 5 che non prevede l’arresto immediato per i casi di spaccio di droga.

“Va fatto distinguo tra spacciatore e consumatore”

Anche per la Comunità Incontro “è fondamentale che chi spaccia vada fermato e tolto dalla piazza per evitare che prosegua il suo “lavoro” criminoso ma al tempo stesso va fatto un necessario distinguo tra spacciatore e consumatore dando l’opportunità, a quest’ultimo, di affidarsi ai percorsi di recupero. Altrettanto auspicabile è che la discussione in atto sia l’occasione per il Governo centrale per lavorare ad un rinnovato approccio anche in materia di prevenzione, rivolto in particolare alle fasce più giovani, affinché stili di vita sani e positivi possano rappresentare il modello di riferimento e la prima concreta forma di repressione contro qualsiasi forma di dipendenza”.

Lo scenario relativo alle dipendenze – ricordano da Molino Silla – è in costante evoluzione: il moltiplicarsi delle sostanze e i relativi effetti che queste esercitano a livello fisico e psicologico sulle persone necessitano di  cambiamenti nei protocolli e di conseguenza anche le politiche devono adeguarsi per supportare chi si trova in difficoltà: sia a livello giuridico che culturale affinchè siano tempestivamente  identificate eventuali condizioni di rischio”.

Serve svolta culturale

Per questo la Comunità Incontro è attivamente impegnata per dare il proprio contributo nell’individuazione di più efficaci azioni per affermare una nuova visione in tema di prevenzione e recupero.

Ciò che serve al nostro paese in tema di lotta alle dipendenze è una svolta culturale che deve coinvolgere i soggetti attivi a tutti i livelli: dalla politica alle istituzioni, dal mondo della scuola alle comunità terapeutiche fino alla famiglia. Per questo – afferma Giampaolo Nicolasi responsabile della struttura – a Molino Silla le nostre porte sono sempre aperte e siamo pronti a dialogare con il mondo della scuola e con i territori in generale per portare ai ragazzi la nostra testimonianza e il messaggio che uno stile di vita positivo e responsabile, è il migliore alleato contro le dipendenze”.

Pertanto la Comunità Incontro segue fiduciosa gli sviluppi riguardanti la nuova norma ed auspica che la decisione finale avvenga con il coinvolgimento e l’ascolto di tutti i soggetti impegnati nella lotta alle tossicodipendenze.

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MONZA, STUDENTI SUICIDI/ Una stanchezza di vivere che interroga il “paese dei morti”

Due studenti del Liceo Frisi di Monza si sono suicidati nell’arco di 15 giorni. Chi li ha lasciati soli, chi non ha preso sul serio il loro bisogno?

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Non credo ci sia dolore più grande della morte di un figlio. E più grande ancora se il figlio muore come i ragazzi del Liceo Frisi di Monza: due bravi ragazzi, seri, studiosi, impegnati, morti perché erano stanchi di vivere. E allora bisogna parlarne con infinito rispetto, infinita cautela, infinita discrezione.

Ma una cosa bisogna pur dirla: come fanno i ragazzi a crescere in un mondo come quello che noi – noi adulti – abbiamo costruito?

Per spiegarmi, prendo in prestito un’immagine del mio amico Franco Nembrini. Quando legge Pinocchio, Franco si sofferma sempre sul capitolo in cui il burattino, spinto dalla fame, si avventura nella notte in cerca di un boccone di pane. Arrivato al paese vicino, Pinocchio “trovò tutto buio e tutto deserto. Le botteghe erano chiuse; le porte di casa chiuse; le finestre chiuse, e nella strada nemmeno un cane. Pareva il paese dei morti”. E il paese dei morti, chiosa Franco, è l’immagine che i nostri ragazzi hanno del mondo degli adulti. Perché, quando un ragazzo comincia a muoversi nel mondo con la sua fame, col suo desiderio di un significato, col bisogno di qualcosa che dia senso alla vita, che adulti si trova davanti (il più delle volte, certo, grazie a Dio le eccezioni ci sono; ma sono appunto eccezioni)? Adulti lieti, adulti appassionati alla vita, adulti che vien voglia di imitare, di prendere a modello, di “spiare” per scoprire come fanno a essere così contenti?

Ahinoi, no. Il più delle volte, i nostri ragazzi si trovano davanti adulti scontenti, brontoloni, musoni. Adulti intenti a lamentarsi di tutto – del governo, del tempo, del lavoro, della cattiveria dei tempi… Adulti intenti a difendersi dal mondo, che insegnano ai figli a fare altrettanto (“e hanno messo dei sacchi di sabbia / vicino alla finestra”, cantava profetico Lucio Dalla). Adulti “autorevoli” – giornalisti, insegnanti, politici – che fanno a gara a chi disegna gli scenari più apocalittici, più catastrofici, dai cambiamenti climatici alla fine della civiltà occidentale a chi più ne ha più ne metta. Adulti che, nel migliore dei casi, come unico antidoto alla cattiveria dei tempi e del mondo indicano la strada del successo individuale – “studia, studia, perché solo chi studia fa carriera” – o di un moralismo tanto benintenzionato quanto astratto – le educazioni civiche, le lotte contro i bullismi e per le integrazioni e via moraleggiando. “Il paese dei morti”, appunto.

Soprattutto, i ragazzi non trovano nessuno che prenda sul serio il loro bisogno più grande, più vero. Il bisogno umano fondamentale, il bisogno di un senso per la vita, di una ragione grande, bella, nobile per cui valga la pena di fare anche tutte le altre cose, il bisogno di una risposta all’altezza della dimensione infinita del loro desiderio di bene, di bello, di vero. Chi, oggi, è disposto a prendere sul serio questa domanda umana fondamentale, a coinvolgersi con i ragazzi nel cammino per rispondere, a mostrare nella letizia del volto – nella letizia del volto, non nella rivendicazione acida – che c’è una strada che si può percorrere insieme?

Nessuno prende sul serio le domande vere dei ragazzi. Tanto che, senza un interlocutore che li aiuti almeno a formularle, spesso non hanno nemmeno le parole per esprimerle. Nessuno più parla dei desideri elementari di bene, di bello, di vero, e i ragazzi nemmeno più sanno almeno gridarli. Sentono solo, da qualche parte, tra cuore e ragione, un’inquietudine che nessuno studio, nessun successo, nessun impegno civile e politico può soddisfare.

E allora, quando questo buco senza nome si fa troppo grande, confusamente sentono che senza una risposta a queste domande la vita non ha senso. E allora qualcuno – molti, la stragrande maggioranza – accetta di vivere nel paese dei morti, di rinunciare a quelle domande, di adeguarsi. E qualcun altro decide, come i due studenti del Frisi, che una vita senza senso non ha senso che sia vissuta.

E allora forse i due studenti del Frisi sono morti perché, nel paese dei morti, erano gli unici vivi.

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Sbarca in Italia la droga di dio: è allucinogena, ha già ucciso un bergamasco

Il 41 enne dopo avere partecipato a una festa a base di questo allucinogeno, si era gettato dal decimo piano di un hotel di Brasilia

droga di dio

È soprannominata la droga di dio, la usano gli sciamani nei paesi sudamericani per i loro riti, si beve come un normale infuso. Ma come scrive Tgcom24 è uno stupefacente pericolosissimo, che porta a uno stato di allucinazione e in molti casi al suicidio. Parliamo della ayahuasca, la droga letale “indigena”, ora sbarcata in Italia. Durante un controllo i carabinieri hanno infatti sequestrato venerdì scorso in un appartamento di Fiuggi capsule contenenti all’interno polvere di ayahuasca.

Nel mirino degli uomini dell’Arma tre italiani e uno svedese. Per loro l’accusa è di produzione, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti. Una droga illegale ovunque, ma che in alcuni Paesi sudamericani è di libera vendita a tal punto da essere considerata un’attrazione da mettere nei pacchetti vacanze.

I suoi gli effetti sono però devastanti. Se da un lato cancella lo stress, dall’altro spinge al suicidio. E si registrano anche le prime vittime italiane. Nel 2013 un bergamasco 41enne, dopo avere partecipato a una festa a base di questo allucinogeno, in preda alle allucinazioni si era gettato dal decimo piano di un hotel di Brasilia. Così come Emiliano e Denis, 28 e 29 anni, morti in piena Amazzonia a causa delle allucinazioni e delle azioni compiute subito dopo, ancora da chiarire. In Francia, Sophie, 18enne, si è lanciata dalla finestra del suo albergo a Parigi dopo un rito sciamanico.

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IN COMA ETILICO A 12 ANNI/ Quei drink così pieni di una compagnia assente

Binge drinking: bere quanto più alcool si può nel minor tempo possibile. Ne è rimasta vittima una ragazzina di 12 anni a Bolzano. E gli adulti non sanno cosa fare

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Scuola (LaPresse)

Binge drinking, bere quanto più alcool si può nel minor tempo possibile, sbronzarsi. È la nuova emergenza tra i preadolescenti, quelli – per intenderci – tra i dodici e i sedici anni. A dirlo è l’ultima relazione del ministero della Salute al Parlamento, ma anche numerosi casi di cronaca che rendono sufficientemente chiara la situazione, come quel dato – sconvolgente – della ragazzina trovata in coma etilico a dodici anni a Bolzano, con un tasso alcolemico nel sangue del 2,65: un dramma che potrebbe presto iniziare a generare tragedie.

Il mondo dei preadolescenti non è facile, sta cambiando rapidamente ed è tra quelli più difficili da descrivere per le sue molteplicità di problematiche. Quel che è certo è che l’età di quello che una volta si chiamava ginnasio dovrebbe avere, tra le altre, tre caratteristiche fondamentali per la crescita e la formazione dell’identità del ragazzino: l’esperienza del confine e della sua trasgressione, un momento determinante per prendere coscienza di sé e delle proprie capacità, della propria individualità maschile o femminile in quanto è il rapporto col proibito a rompere il legame simbiotico con la propria infanzia e a permettere, ai ragazzetti delle medie o del biennio delle superiori, l’inizio di un nuovo cammino; in secondo luogo è fondamentale l’esperienza del dare il nome alle cose, soprattutto alle cose interiori, imparando a nominare emozioni, pensieri e azioni così da avere un bagaglio strutturato e coerente con il quale affrontare la vita; infine esperienza fondamentale è quella dell’esplorazione, la curiositas insita nello scoprire e nel determinare cose nuove, nello stabilire distanze e vicinanze con le nuove persone protagoniste della propria vita.

Esplorare, trasgredire, nominare sono tre processi “naturali” della persona che per essere pienamente vissuti necessitano di un adulto legislatore, una persona più grande e autorevole che non abbia paura di perdere il legame con il ragazzo, ma lo sfidi ponendo limiti e regole che già sa che saranno superati. Un adulto che non sia uno stratega dell’educazione, ma una presenza curiosa di veder sbocciare i doni e le energie del Mistero nella piccola vita che ha davanti.

Senza un rapporto così l’esplorazione, come la trasgressione o il dare un nome diventano aziono vuote, fini a se stesse, in cui perfino l’inerme ragazzino si butta, ignaro del motivo e del perché certe emozioni lo solletichino e lo provochino di più. Senza un rapporto con un adulto il bambino è come se avesse a che fare con la sorpresa dell’ovetto – la vita – privo di un foglietto delle istruzioni da cui partire per dare un ordine e un senso al tutto.

È strano come in natura anche l’errore, la provocazione, la sfida, debbano essere poste in un alveo per portare frutto e diventare fonte di maturità e di crescita. Non è mai troppo tardi per fermare la tragedia dei nostri figli. Il punto è tornare a fare i genitori, senza paura di perdere chi amiamo solo perché doniamo loro l’occasione di emergere e di affrontare davvero la realtà.

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Bergamo, Medaglie d’oro e Benemerenze: ASSOCIAZIONE DI VOLONTARIATO «COMPAGNI DI STRADA»

L’associazione «Compagni di Strada» nasce a Bergamo nel 2002. Offre aiuto, sostegno e supporto alle famiglie di alcolisti e tossicodipendenti attraverso incontri settimanali e una rete territoriale di riferimento. Valutando i singoli casi, propone un servizio basato sulla competenza e la totale gratuità, orientando i ragazzi presso le comunità di recupero, organizzando gruppi di auto aiuto per le famiglie, rappresentando un approdo sicuro per molti genitori, fratelli, figli di persone tossicodipendenti. È’ un lavoro paziente, delicato e costante quello dell’associazione, che in questi anni ha portato molti ragazzi fuori dal tunnel ed ha accompagnato famiglie in percorsi difficili. Il racconto reciproco delle esperienze, un consiglio dato da chi ha vissuto in prima persona la tossicodipendenza, il contatto con le comunità, la testimonianza di chi con fatica e impegno ce l’ha fatta, spesso rappresentano una mano tesa, la speranza di tornare ad una vita normale, la salvezza di un figlio. L’associazione dal 2004 organizza incontri aperti e gratuiti ogni martedì sera, nella sede di Borgo Santa Caterina 1/C, dove decine di persone a ogni riunione trovano ascolto e prossimità, costruiscono legami umani. Un’opera indubbiamente preziosa e meritoria che rappresenta un valore aggiunto nella nostra città solidale e attenta ai bisogni dei più fragili.

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Omar Picchietti racconta la sua storia

“Ho sempre saputo che potevo fare qualcosa di buono, ma se non sei accompagnato ti resta solo tanta rabbia”. La testimonianza di Omar. Oggi a “Nel cuore dei giorni” parliamo di “maestri di vita” con Lucia Ascione e i suopi ospiti in studio.

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CHI SIAMO

L’Associazione “Compagni di Strada – Onlus – Organizzazione di volontariato” opera stabilmente da gennaio 2004 nel settore della prevenzione della tossicodipendenza, in particolare fornendo un sostegno alle famiglie delle persone coinvolte in tale problematica, ma anche incontrando direttamente i tossicodipendenti, sia che vivano nelle loro famiglie o in altre situazioni precarie (centri accoglienza, ospedali, strada, carceri).

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IL VIDEO DEL TRENTENNALE DE L’IMPREVISTO

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COVID-19: l’Istituto Superiore di Sanità coinvolge la Comunità Incontro Onlus per raccontare gli effetti della pandemia

“Norme anti contagio ed aspetti emozionali da pandemia”: l’Istituto Superiore di Sanità coinvolge la Comunità Incontro Onlus in un cortometraggio per spiegare le misure di protezione e raccontare il vissuto della pandemia
Come stiamo affrontando la pandemia? Come ci sta cambiando e cosa lascerà dentro di noi? Sono domande che ci poniamo ogni giorno, soffermandoci a riflettere di fronte ad un’emergenza sanitaria che combattiamo ormai da un anno e che ha stravolto i nostri parametri quotidiani. Abbiamo dovuto fronteggiare nuove regole, nuove abitudini di vita e accorgerci di emozioni che prima non conoscevamo. Se è difficile confrontarsi con questo scenario in condizioni ordinarie, lo è ancora di più per chi sta affrontando un percorso di recupero in una struttura terapeutica. Proprio per cogliere le sfumature emozionali che la pandemia sta portando in ambito comunitario, l’Istituto Superiore di Sanità ha promosso un laboratorio di scrittura creativa incentrato sulla prevenzione del Covid-19 e sui conseguenti aspetti psicologici.
Il laboratorio è stato realizzato nell’ambito del progetto “Prevenzione delle patologie infettive e diffusive nei tossicodipendenti: la prevenzione e controllo delle infezioni COVID-19 nel contesto emergenziale (2020-2022)” coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Per realizzare il laboratorio la Comunità Incontro Onlus di Amelia ha selezionato venti ospiti che volontariamente hanno aderito alla mattinata di incontro su scrittura e epidemia. I partecipanti, coordinati dall’Unità di Comunicazione dell’Istituto, hanno preso parte ad un incontro in aula per apprendere suggerimenti su tecniche di scrittura creativa che saranno utili per riportare su carta quanto la pandemia sta suscitando loro e soprattutto quanto le regole imposte dai protocolli anticontagio siano metabolizzate e condivise dal gruppo. Punto di partenza per trovare l’ispirazione, la rilettura in chiave attuale di alcuni testi autoriali legati alle pandemie nella storia o al vissuto collettivo. L’obiettivo del laboratorio è utilizzare anche le parole degli ospiti della Comunità per raccontare nel cortometraggio il vissuto dell’epidemia all’interno della Comunità e fare in modo che siano loro a spiegare come proteggere la salute ed evitare il contagio.
Tra i diversi motivi che hanno indotto a coinvolgere la Comunità Incontro Onlus non solo il fatto che si tratta di una delle principali strutture terapeutiche italiane, ma anche per l’attenzione all’applicazione rigorosa dei protocolli anti-Covid19. La Comunità, infatti, può attualmente rappresentare un modello di riferimento nella lotta al Covid: grazie al protocollo interno adottato sin dalla prima fase dell’emergenza sanitaria – e nel pieno rispetto delle disposizioni governative – la struttura non ha mai smesso di essere operativa. I colloqui e il supporto assistenziale non si sono fermati grazie alle nuove tecnologie, mentre in loco ospiti e operatori sanitari hanno seguito scrupolosamente le regole di distanziamento e indossato i dispositivi. Regole prudenziali, che hanno consentito alla Comunità fondata da Don Pierino Gelmini, di arrivare sino ad oggi all’ambizioso risultato “zero contagi”. Il protocollo è il risultato del lavoro del Comitato Direttivo: di un’unica catena di comando all’interno della Comunità che ha saputo applicare le disposizioni governative ed integrarle con tutte le regole prudenziali necessarie a garantire la sicurezza in un contesto altamente vulnerabile.
Il progetto, avviato a settembre scorso, avrà la durata di diciotto mesi.

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Droga: aumenta produzione, cala eta’ di chi ne fa uso

Principi attivi più potenti. Sintetiche sono sfida ma business resta cocaina

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